Due anni di violenze, botte e minacce, i jeans infilati al rovescio e sporchi di sangue, in testa un grande vuoto, la vita che diventa un incubo e tentare il suicidio come unica via possibile: è la storia di una 14enne di Lucca vittima di un branco, perché non si può chiamare gruppo, di bulli incontrati tra i banchi di scuola.
Oppure: un supplizio fatto di sguardi addosso, commenti sprezzanti sull’abbigliamento e in classe, durante le lezioni, poi il calvario di camminare o inciampare in mezzo agli sputi e tapparsi le orecchie per non sentire gli insulti. E’ tutto ciò che resta, parole su un diario ormai non più segreto, di Emilie, 17enne suicida a Lille a gennaio scorso.
Due storie diverse, di violenza fisica e psicologica, che rappresentano ben più che sfortunatissime e sporadiche disgrazie individuali. Si tratta infatti di bullismo, il fenomeno più diffuso di violenza tra gli adolescenti a scuola, oggetto proprio in questi giorni di una proposta di legge alla lettura del Senato.
In Italia più del 50% dei ragazzi di età compresa fra gli 11 e i 17 anni è stato vittima di un qualche episodio offensivo, non rispettoso o violento nel corso dell’ultimo anno.
il 19,8%, ha dichiarato di aver subito prepotenze tipiche di bullismo una o più volte al mese, valore che raggiunge il 24,5% nelle regioni del nord-est, 18,7% al sud e 12,4% nelle isole.
In Toscana, dove il fenomeno del bullismo viene monitorato dal 2008 attraverso lo studio EDIT “Epidemiologia dei Determinanti dell’Infortunistica stradale in Toscana”, nel 2015 si riscontrano valori allineati all’indagine nazionale e dati in continua crescita relativamente al cyber bullismo, che interessa ben il 19,6% dei ragazzi che subiscono prepotenze.
E’ proprio la scuola infatti il luogo in cui si consumano i drammi individuali di tanti ragazzi e ragazze, vittime di chi sceglie la prepotenza e la violenza come mezzo espressivo distorto per veicolare tra i banchi la propria finta superiorità, rendendo infernale quello che dovrebbe essere il periodo formativo più importante, e spensierato, di un adolescente.
Al riguardo abbiamo parlato con la dott.ssa Arianna Fanani, vicepreside del Liceo Byron di Lucca, per una sua testimonianza diretta sul tema.
“E’ da tanti anni che vivo il mondo della scuola, prima come docente e ora come vicepreside, e posso dire che purtroppo il fenomeno del bullismo c’è sempre stato; si manifestava principalmente in casi spot di prepotenza di un presunto forte verso un presunto debole, che doveva subire angherie, prese in giro, scherzi pesanti, talvolta botte. Molto spesso erano entrambi maschi.
Quello che sconcerta ora è quanto sia invece largamente diffuso: non si tratta più di casi individuali ma di una forma di violenza radicata (gli ultimi dati Istat parlano del 19% degli adolescenti vittime di una forma di bullismo) che colpisce anche moltissime donne e si connota fortemente di violenza psicologica oltre che fisica, con conseguenze pesantissime sulla crescita delle vittime.
E’ un fenomeno talvolta difficile da riconoscere, sempre molto delicato da affrontare.
Negli ultimi tre anni presso le nostre scuole abbiamo accolto una decina di ragazzi e ragazze vittime di bullismo, e sono solo i casi “espliciti” che le famiglie, e a volte i ragazzi stessi all’oscuro dei genitori, hanno voluto condividere con noi per ripartire.
Il ragazzo, magari in sovrappeso, che viene deriso pesantemente, giorno dopo giorno, isolato e schernito dal gruppo dei bulli della classe, fino ad isolarsi completamente e non voler più frequentare la scuola nonostante capacità e rendimento eccellenti; la ragazza studiosa e dotata di grandi capacità che subisce minacce, pressioni e violenze se non svolge oltre ai suoi i compiti dei bulli della classe, il ragazzo maltrattato e picchiato perché gay, e tante altre.
Che si tratti di violenze fisiche o psicologiche, minacce o furti, offese o danneggiamenti, queste storie di aggressione, violenza e cattiveria generano nei ragazzi uno stato d’animo di ansia, isolamento e depressione, per non parlare di tentati suicidi. Insieme alla crescita e all’adolescenza, anche l’apprendimento diventa complicato se non impossibile.
A mio avviso per fronteggiare il più possibile questo fenomeno tre sono gli strumenti che possiamo attivare, e che attiviamo presso le nostre scuole: controllo, consapevolezza, fiducia.
Controllo: è indispensabile che tutti gli adulti della scuola, docenti, dirigenti, bidelli, pongano la massima attenzione a quel che avviene in aula, nei corridoi, nei bagni. Ci sono sempre dei segnali e bisogna riuscire a coglierli.
Consapevolezza: di certi argomenti non se ne parla mai abbastanza. Esedra ha attivato dal 2005 un progetto chiamato “Educare alla legalità” perché la scuola è, e deve essere, legalità, il luogo in cui ci si confronta con gli altri e si diviene consapevoli di essere parte di una società che ha scelto di rispettare determinate norme. All’interno del ciclo di incontri “Capire i nostri figli” affronteremo quest’anno il delicato tema del bullismo, sviluppando all’interno della materia di educazione civica un progetto che coinvolge anche tutti i ragazzi delle nostre scuole.
Fiducia: come per altri tipi di violenza spesso le vittime del bullismo non denunciano la loro situazione, a volte nemmeno alla famiglia, sopraffatte dal terrore che la violenza subita ha innescato nella loro mente. E’ lì che un rapporto di fiducia verso l’operatore adulto della scuola può essere una chiave di svolta e, talvolta, salvezza. Fin dal primo giorno di scuola e anche negli incontri precedenti l’iscrizione cerco personalmente di trasmettere senso di sicurezza e fiducia ai ragazzi affinché si sentano tranquilli nel potersi esprimere su qualunque difficoltà riscontrata senza avere il timore di eventuali conseguenze. Noi, gli adulti, possiamo proteggerli e loro devono sapere di non essere soli. Anche i professori sono formati per costruire un ambiente il più sicuro possibile e da anni abbiamo attivato uno sportello di supporto psicologico gratuito e in totale anonimato per i ragazzi che lo richiedano.
I progetti didattici, le attenzioni degli adulti, la formazione ai genitori, il controllo dell’ambiente, la presenza di dirigenti e staff, i servizi di supporto psicologico, non serviranno probabilmente a sradicare in assoluto il fenomeno del bullismo, ma se applicati diffusamente in ogni scuola potrebbero diminuirne la diffusione ed evitare, forse, qualche tragedia.
Oltre alla scuola, un ruolo di grande rilievo spetta a mio avviso alle famiglie in primis, sia di vittime che soprattutto di bulli, e al legislatore, affinché anche tramite la legge si possano attivare strumenti di tutela aggiuntiva per i minori, soprattutto in considerazione del fenomeno parallelo in crescita, più subdolo ma altrettanto grave, del cyberbullismo”